Siria
Dopo la nostra ultima missione con il dr. Abdul Kader Ajam, siamo solo restati in contatto con i colleghi medici siriani.
“Ci hanno abbandonato”, mi dice un collega siriano, amico da anni, col quale abbiamo condiviso momenti di guerra, di fatica, di dolore.
Non so cosa rispondergli.
…forse Intermed potrebbe procurare un’altra apparecchiatura per l’ozonoterapia per curare ferite da guerra, e non solo…
Così, partiamo per il confine turco-siriano, ma arrivati laggiù non ci fanno portare dentro l’apparecchiatura. Proviamo a contrattare con i doganieri, ma hanno ordini precisi. L’apparecchiatura non deve arrivare nei campi rifugiati. Lì vi sono anche curdi, che non devono ricevere cure.
Gli spieghiamo che in realtà l’apparecchiatura dell’ozono servirà a curare tutti: turchi, curdi, siriani.
Niente da fare. Possiamo combattere tutto, ma non l’ottusità. Non ci diamo per vinti e, in pullman, anziché in aereo, portiamo l’apparecchiatura in un altro ospedale, dove i medici turchi lavorano fianco a fianco con i medici siriani. Ci accolgono con gioia.
La sera si beve tè e si fuma narghilè ai petali di rosa.
Sembra che la guerra sia un sogno lontano, così come una Siria libera.